giovedì 15 ottobre 2015





LA MEDIAZIONE FAMILIARE 

UNO STRUMENTO DI INTERVENTO PER 
LE EDUCATRICI SCOLASTICHE E PER LE MAESTRE 





Scrivendo mi rivolgo a professioniste che ogni giorno sono attive sul fronte della battaglia scolastica ed educativa che intimamente e profondamente tocca le nostre radici culturali e sociali. 
Nella vostra esperienza professionale conoscete bene l’importanza che a livello sistemico riveste il clima familiare, nei confronti della motivazione ad apprendere, della curiosità e in ultima nei risultati finali della prestazione didattica.
Di come sia essenziale per la crescita psicologica sana del bambino avere la presenza sicura e calda dei propri genitori come della presenza complice dei nonni. 
Nasciamo in famiglia; il primo gruppo che ci accoglie come persone sin dalle nostre prime lacrime. Cresciamo in famiglia, allargando man mano, i confini ai parenti, agli amici, fino all’esordio in strutture concepite per insegnarci a camminare nel mondo sociale con sempre più autonomia.
Il fulcro di questo lunghissimo processo educativo è nelle mani delle preziosissime maestre all’interno dell’Agenzia scolastica . Per ogni bambino la maestra è il ponte tra il gruppo Famiglia ed il gruppo Società, ed è la maestra che guida i bambini in questa fusione di ruoli che contribuisce a forgiare una sana identità.
Per questo e svariati altri motivi la maestra all’interno della scuola è la lente di ingrandimento attraverso cui osservare il processo di crescita, e grazie a questa lente, poter notare i primi segnali di disagio o malessere del bambino
L’attenzione richiesta è massima perché i segnali sono spesso minimi o equivocabili, diventa quindi importante dotare la maestra di strumenti concreti per la gestione di questo aspetto del suo lavoro. Attraverso i bambini appaiono le proiezioni della vita in famiglia, a volte dei problemi che questa sta vivendo.
Interpretare per tempo un disagio familiare è fondamentale per tutti i suoi membri, perché la famiglia è un unico sistema vivente.
In quest’ottica la Mediazione Familiare è uno strumento molto idoneo, perché ascolta e supporta questo gruppo in disarmonia, aiuta la comunicazione, apre a punti di vista nuovi, aiuta ad individuare le priorità..ed è sostenuta da uno scenario legislativo molto preciso e tutelante per i minori.
Per Me.T.A (Associazione Tutela e Ascolto – Mediazione Familiare) la Maestra è una figura chiave anche come Mediatrice Familiare.
Lo è per attitudine personale, in virtù dei suoi studi e del suo lavoro, ed anche per competenze ed esperienze difficilmente riscontrabili in altre professioni. Perché la maestra sa porsi come occhio esterno che interpreta i segnali di aiuto, sa porsi come il ponte tra il bambino e la società, e tra il bambino e la famiglia.

venerdì 25 settembre 2015

UN’ESPERIENZA DI COUNSELING DI GRUPPO, RIVOLTA A GENITORI IMMIGRATI SEPARATI


             




               “Finalmente insieme.... ma perché non ci capiamo?”


VALENTINA SPARATORE
PSICOTERAPEUTA- MEDIATRICE FAMILIARE 
DOCENTE Me.T.A. 


Nel corso dei quattro anni in cui “Il Giardino Blu” ha operato nel XIX Municipio, sono state accolte molte famiglie straniere, che hanno fruito di servizi di vario tipo quali, ad esempio, la mediazione culturale, il sostegno alla genitorialità, il counselling psicologico etc.
Ascoltando le storie di queste persone in un setting prevalentemente di counseling educativo,  gli operatori hanno potuto toccare con mano la complessità dell’esperienza migratoria, nonchè l’enorme impatto che questa ha sulla vita dei protagonisti; in particolare,  quando si tratta di bambini o adolescenti che si ritrovano a vivere, senza averla scelta, una dolorosa separazione dai propri genitori ed un successivo ed altrettanto difficile ricongiungimento. La maggior parte delle volte, i bambini non vengono preparati per tempo ma frettolosamente informati all’ultimo, mentre osservano,  senza capire, le proprie madri riempire velocemente le valige: quasi in fuga per non indugiare in un dolore troppo intenso e rischiare di mandare all’aria un progetto grazie al quale l’intera famiglia allargata vuole riscattarsi dalla povertà. Il distacco emotivo da parte di queste mamme diventa, allora, una strategia di sopravvivenza, l’unica possibile di fronte ad un simile strappo. Allontanare dalla coscienza il proprio dolore di madre, tuttavia, comporterà il pagamento di un ulteriore prezzo: l’obbligo di diventare insensibili anche al dolore dei propri figli che, disperati, legittimamente,  reclamano al proprio fianco la confortante presenza di chi li ha messi al mondo. Un profondo vissuto di tradimento incrinerà drammaticamente la fiducia di questi bambini nei confronti delle persone significative che, nel loro vissuto, hanno complottato alle loro spalle, affinché il mandato familiare si realizzasse. Dal canto loro, questi genitori sentono di compiere un sacrificio estremo, rinunciando alla vicinanza dei propri bambini, pur di garantire loro un futuro migliore. Lavorano sodo per anni, cercando di non sentire né la fatica, né la nostalgia fino a quando, accumulato finalmente il denaro sufficiente, attueranno il tanto atteso ricongiungimento.
Spesso, purtroppo, questo momento tanto atteso diviene l’inizio di un nuovo travaglio: quel bambino lasciato al paese di origine,  che implorava la presenza della madre, trasognata per anni, non esiste più: al suo posto c’è un preadolescente indurito anch’egli da un dolore troppo grande, un ragazzo che, suo malgrado, ha dovuto imparare a fare a meno e che ora difficilmente è disponibile ad aprire il suo cuore con fiducia.
Paradossalmente, dal dramma della separazione si perviene così al dramma del ritrovarsi: ecco che, invece di ricevere dai propri figli teneri abbracci e commossi ringraziamenti per il sacrificio compiuto, questi genitori già tanto provati dalle fatiche quotidiane, si trovano a fare i conti con un’inattesa sfida, quella di farsi perdonare dal “peccato originale” dell’abbandono. Infatti i figli, lungi dal manifestare con gioia un affettuoso attaccamento, attivano inconsapevolmente  agiti provocatori, allo scopo di testare la tenuta di una relazione apparsa ai loro occhi inaffidabile e rischiosa. Così, i “ritrovati” genitori, privi degli strumenti necessari per comprendere il senso di tali agiti, non concedono ai figli il privilegio di provare rabbia e dolore, così come loro non si concessero, al momento della partenza.
Questa è la narrazione della premessa di un nuovo capitolo del dramma: una reazione genitoriale centrata sulla percezione distorta della ingratitudine e del tradimento e sull’ulteriore  distanziamento che alimenta un doloroso circolo vizioso, che non lascia spazio ad un’autentica comunicazione emotiva.
Per questi motivi, al “Giardino Blu” sono giunte mamme deluse ed arrabbiate con i propri figli  ritenuti freddi, distaccati,  ingrati. In alcuni casi, i comportamenti di sfida dei figli sono stati gestiti attraverso la minaccia di ulteriori separazioni.
Dopo aver ascoltato con partecipazione molte di queste storie, gli operatori del Giardino Blu hanno ritenuto utile offrire a questi genitori l’opportunità di incontrarsi e di cominciare a condividere la comune esperienza di separazione e ricongiungimento.  In particolare, si è pensato di utilizzare un setting di gruppo, in taluni casi integrato da incontri individuali, orientato a facilitare nei partecipanti l’acquisizione di una nuova chiave di lettura del processo da cui si sentono travolti.





lunedì 21 settembre 2015



CONFERENZA SULLA MEDIAZIONE A UDINE 






Per tutti i professionisti che ci hanno espresso interesse per la Mediazione, abbiamo pensato uno spazio  a voi dedicato in cui potete incontrarci.

Vi parleremo dell'importanza della Mediazione Familiare e vi mostreremo i contributi reali della Mediazione Civile e Commerciale. 

La mia esperienza  nel settore educativo e pedagogico, all'interno dei servizi alla persona, mi hanno condotto attraverso il counseling, alla mediazione familiare, poiché sempre più convinta che le politiche non se ne interessino nel modo adeguato, poiché  la modalità di intervento settaria e parcellizzata non si adegua alla dimensione sistemica e globale della famiglia. 
L'associazione Me.T.A. realizza azioni e progetti , che si esprimono attraverso le attività di Formazione della Corsistica 3M e con i SERVIZI MULTIDISCIPLINARI degli Sportelli d'ascolto, che sta realizzando in varie Regioni italiane.

Saremo lieti di parlarvene  e conoscervi personalmente 


UDINE-  2 OTTOBRE 2015 ORE 20:30 
PRESSO LA BIOTECA 

A presto



lunedì 18 maggio 2015

IL CORSO 3M



PRESENTAZIONE DEL CORSO 



Stiamo per partire! 
Come da programmazione è in arrivo il CORSO 3M che partirà a BOLOGNA il 30 Maggio 2015 


 Si tratta di ben 3 CORSI DI FORMAZIONE in materia di  MEDIAZIONE FAMILIARE-  MEDIAZIONE CIVILE E COMMERCIALE- MICROCOUNSELING 


Il corso,orientato prevalentemente    sul diritto di famiglia, trova in rete  M.E.T.A. (Bologna), affiancata da un rapporto di partnership con CTQsrl, (Organismo  di Mediazione Civile e Commerciale ed Ente di Formazione accreditato al Ministero- e  Synesis, (Ente di certificazione delle competenze secondo la L4/2013)
La mia esperienza pluritrentennale nel settore educativo e pedagogico, all'interno dei servizi alla persona, mi hanno condotto attraverso il counseling, alla mediazione familiare, poiché sempre più convinta che le politiche non se ne interessino nel modo adeguato, poiché  la modalità di intervento settaria e parcellizzata non si adegua alla dimensione sistemica e globale della famiglia. 
Il corso 3M rappresenta un percorso integrato, in cui attraverso lo sviluppo delle competenze sull'ascolto attivo e sul colloquio insite nel COUNSELING , i corsisti si arricchiranno di contenuti teorici e pratici tali da poterli spendere nella libera professione del Mediatore Familiare e del Mediatore Civile e Commerciale.
Una formazione intensiva ma allo stesso tempo fortemente esperienziale, che porterà i nostri corsisti a diventare dei professionisti a tutti gli effetti, in grado fin da subito di potersi sperimentare attraverso il Tirocinio nei nostri Servizi, e affacciarsi  nel mondo del lavoro, affiancati dal sostegno della rete organizzativa. 

Il corso di MEDIAZIONE FAMILIARE, offre una preparazione specialistica, un nuovo strumento previsto dalla nuova legge di procedura Civile L.162/2014 che apre un nuovo scenario alla professione poiché obbliga l'avvocato a informare le coppie in  crisi, al fine di per poter inviare in Mediazione Familiare. La L.162, riconosce quindi alla Mediazione Familiare una forte valenza di prevenzione del disagio, uniti alla connotazione specialistica di luogo specializzato in cui gestire la crisi e il conflitto di coppia. 
Una professione, quella del Mediatore Familiare purtroppo,ancora poco conosciuta e compresa appieno. E' uno strumento importante,  il cui obiettivo è abbassare il conflitto nell'ambiente familiare: pensiamo ad esempio ai casi di separazione fra coniugi in cui il conflitto diventa estremo quando trattasi di separazione non condiviso o semplicemente della coppia in cui sono presenti figli.
La  Mediazione familiare  si occupa della relazione e dell'ascolto, della comunicazione e della gestione del conflitto di coppia, poiché ne conosce molto bene le dinamiche collusive ed è preparato ad affrontare tutte le difficoltà e il disagio genitoriale di cui è intrisa la famiglia in modo sistemico. 
Può succedere, infatti, che la Mediazione familiare abbassi a tal punto il conflitto che non sia necessario ricorrere al Tribunale, o addirittura che la coppia trovi un nuovo equilibrio da sé, senza interventi e imposizioni esterne.
In particolare dopo la L.162/2014, che istituisce la separazione breve di fronte all'ufficiale di stato civile e al Sindaco, e soprattutto in merito alla nuova istituzione del divorzio breve, di recente attuazione, da la possibilità di ricorrere non solo alla negoziazione assistita ma anche all'arbitrato.
Nel clima della novità in campo legislativo, diventa interessante la MEDIAZIONE CIVILE E COMMERCIALE, soprattutto per l'importanza dell'Obbligatorietà in  quasi tutte le materie del diritto disponibile.
In particolare pensiamo a tutti quei casi, chiariti dalla legislazione, che in clima consensuale possono separarsi di fronte all'Ufficiale di stato civile.
Come pochi sanno, la Mediazione civile e Commerciale offre vantaggi da più parti: è veloce, economica e vantaggiosa . E' uno strumento di gestione di conflitto quando le liti hanno una valenza economica .Ci si può ricorrere anche per separazione e divorzio, ma anche per tutte quelle liti che hanno a che fare con liti condominiali, oltre che a valenza ereditaria . 

Il corso di Formazione si rivolge in particolar modo a tutti i laureati triennali, e in particolare a: 
- avvocati specializzati in materia di diritto di famiglia.
- pedagogisti ed educatori; 
- psicologi e psicoterapeuti; 
- counselor ed assistenti sociali 
-persone che lavorano a  contatto con le e per le famiglie, in ambito sociale; 

Il corso dura 1 anno ed è a cadenza mensile ( 1 weekend  al mese)  
La partenza su quello di Bologna è per il 30 - 31 maggio 



L'Associazione M.E.T.A.,  con sede a Bologna, è operativa sul territorio con servizi di sportello nei quartieri
Sono in partenza i corsi anche in altre sedi regionali,  poiché ne stiamo riscontrando non solo il bisogno ma la richiesta da parte di molti professionisti sul sociale . 

Potete visionare in dettaglio le sedi e il materiale grafico sul sito www.metaassociazione.com
Potete scrivere a E-mail: info@metaassociazione.com 
SEGRETERIA DIDATTICA: +393476022717
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lunedì 30 marzo 2015

ESSERE MEDIATORI



















DIALOGHI CON  J. MORINEAU 

Non c’è felicità senza pace e non c’è pace senza giustizia. Aristotele affermava che il fine supremo delle “buone azioni che ogni essere umano può compiere nella sua vita,” e, quindi, anche l’obiettivo primario della giustizia, è la felicità.
Sfortunatamente, tante volte, la Giustizia non riesce a rispondere oggi questo obiettivo per mancanza de mezzi e anche perché ha perso di vista la finalità originale della sua funzione.
Dopo la rivoluzione francese, alla fine del XVIII secolo, la legge positiva è diventata la risposta al bisogno di giustizia, ma, si sa, non sempre la norma giuridica contribuisce a creare “la giustizia”: soprattutto quando è maggiore il caos e più alto il conflitto, le soluzioni giuridiche possono risultare insufficienti e non soddisfare in maniera adeguata le attese delle persone . Per questo motivo, nel 1983, l’allora Ministro della giustizia francese, Robert Badinter, ha proposto una forma alternativa alla giustizia repressiva e ha dato impulso alla mediazione. Sono stata incaricata di creare la prima esperienza di mediazione penale a Parigi e una nuova struttura per accogliere i casi inviati dalla procura. Non conoscevo nulla della mediazione e, in Europa, vi erano ben poche esperienze nel settore, eccezion fatta per quelle dell’ADR (Alternative Dispute Resolution) nei paesi anglosassoni e dell’l’ombudsman en Scandivania.

Di fronte del conflitto, che può condurre al caos, alla separazione, alla divisione, siamo impotenti. È un’esperienza comune a molti di noi che ci mette di fronte al senso della vita. In fine la morte è la nostra sola certezza.
La separazione è la prima prova tragica della vita, perché alla nostra nascita veniamo separati e il risultato immediato è un grido; questa “identità” di separazione ci conduce a cercare, durante tutta la nostra esistenza, la possibilità di ritrovare l’altra parte di noi “perduta”, per essere uno. È un lungo cammino, condiviso con tutta l’umanità. Coscienti della forza di questa sofferenza, i Greci avevano sviluppato modi di educazione attraverso il mito e il teatro della tragedia in cui ci sono numerosi esempi che sono specchio di questo vissuto di separazione.
Tuttavia, nel corso del tempo abbiamo perso questa memoria e abbiamo costruito una società che dall’era dell’illuminismo (ma già del rinascimento), e ancor di più negli XX secolo, ha preteso di risolvere i conflitti e controllare le vicende umane con la forza della ragione. Il crollo delle torri gemelle a New York e, con esso, la caduta del “sogno americano di imporre la pace nel mondo”, ha disvelato che la pretesa di realizzare questo sogno, con la sola forza della logica economica e di un equilibrio delle grandi potenze mondiali, è un fallimento.
Viviamo in una società in cui assistiamo al moltiplicarsi delle occasioni di violenza e guerra, una società che anziché incamminarsi alla ricerca della felicità e creare le condizioni per una convivenza pacifica, sembra dirigersi verso l’autodistruzione “planetaria”. Abbiamo bisogno di prendere coscienza che viviamo una trasformazione epocale sola paragonabile a quella del passaggio dall’era dell’uomo nomade a quella dell’uomo sedentario.
A fronte di questa situazione, possiamo cercare aiuto nel passato della cultura greca all’ origine della nostra cultura. I greci, avevano elaborato una educazione permanente alla saggezza per permettere di avvicinarci alla felicità. La mia formazione classica mi ha ricordato lo spazio dato al grido della tragedia greca. Era uno spazio concepito come mezzo educativo per offrire uno specchio della nostra tragedia umana, dei tanti conflitti che hanno distrutto e possono distruggere la nostra vita .
L’apprendimento della mediazione riprende la pedagogia della tragedia greca, per potere, imparare a vivere in armonia con noi stessi e con gli altri : è un compito della vita.
La mediazione raccoglie il grido di nostra società “autodistruttiva”, perché abbiamo bisogno innanzitutto di incontrare la guerra che è dentro il nostro cuore. Noi creiamo purtroppo la morte e non la vita. Siamo impotenti di fronte agli ostacoli. La mediazione va aldilà della risoluzione di un conflitto, perché esso è tante volte un pretesto. Se accettiamo di incontrare la sofferenza (che sempre è un’ esperienza di separazione) e, attraverso di essa, la nostra realtà umana, possiamo aprirci alla parte profonda, più elevata : la nostra anima. La mediazione umanistica restituisce all’uomo la possibilità di vivere la sua completezza attraverso il concetto di uomo dei Greci: corpo, anima, spirito, per vivere in armonia con se stesso e con gli altri e… il pianeta. Allora c’è la possibilità di riscoprire la bellezza della vita, che è felicita : un dono della creazione e del creatore: siamo nati a immagine della bellezza del creatore, della creazione. E sempre possibile ritrovarla.

In questo senso sarebbe fondamentale proporre la mediazione umanistica ai più giovani fin dall’asilo, e durante tutto il percorso educativo, come percorso di scoperta dell’umanità e di educazione alle relazioni. Abbiamo dimenticato, nell’ambito dei programmi della scuola, di insegnare a divenire uomini. L’ insegnamento, al liceo classico, della cultura classica offre importanti esempi di ricerca e apprendimento, finalizzati a vivere in armonia; tuttavia, questo ha bisogno di essere legato al vissuto degli alunni e può essere fatto attraverso l’esperienza della mediazione umanistica.


Il procuratore del tribunale di Parigi ci aveva immediatamente affidato casi complessi di violenza.
Quando mi sono trovata di fronte a persone che avevano agito la violenza, che nutrivano sentimenti di odio e di vendetta, non ero in grado di trovare alcuna risposta… potevo solamente incontrare il grido, la “chiamata” di una sofferenza devastante, da ambo le parti del conflitto. L’esperienza della tragedia greca si è imposta.
Quindi, ho provato ad offrire una forma di mediazione che ripercorre le tappe della tragedia : teoria, crisi e catarsi, per dare al grido alla possibilità di cambiamento finale. Questo “modello di mediazione” si è manifestato come un’opportunità per procedere verso l’obiettivo di trasformare la disperazione della separazione, in una nuova vita.
Questo approccio ha aperto una nuova strada perché abbiamo potuto per primi sperimentare, con questa modalità, una forma di giustizia nuova: trasformativa/riparativa/ ristorativa delle origini della esperienza.
È necessario iniziare a dare la parola al corpo che soffre, che patisce le emozioni che creano malattie. Ho recentemente svolto uno stage presso un ospizio di Brescia, una delle prime esperienza di cure palliative in Italia; una suora mi diceva di tanti giovani che sono “ospiti” lì..: questa è l’effetto della nostra società autodistruttiva : la nostra anima grida e il corpo si disintegra. Oggi tanti giovani si ritrovano in fin de vita con gli anziani. È uno scandalo.
La malattia prende tante volte la sua origine nel profondo dell’anima attraverso le emozioni. Abbiamo dimenticato di vivere corpo, anima e spirito. Tanti di noi ignorano la dimensione spirituale. L’abbiamo allontanata perché l’abbiamo legata con la religione, e tante volte il suo rifiuto ha fatto perdere tutto il senso della dimensione spirituale. L’esperienza della mediazione mi ha fatto scoprire che è questo livello più elevato, delle aspirazioni, dei valori – verità, dignità, libertà, giustizia… – che apre alla dimensione spirituale in cui l’uomo può trovare la trasformazione che conduce alla pace. I giovani, educati oggi al consumismo, al materialismo hanno purtroppo perso il senso dei valori e condividono il vuoto esistenziale della società con tutte le sue malattie.


Ritrovare il concetto dell’ uomo dei greci : corpo anima e spirito come un vissuto e non un concetto. Lavorare su ciascuna parte. Il corpo non dove essere ignorato, l’anima dove essere accolta con tutte le sue emozioni, per aprirsi al livello superiore che tocca un’attesa, un ideale, uno slancio verso ciò che il bello della vita.
Questa è la parte più elevata dell’anima, che si apre al livello spirituale e permette di passare dalle tenebre alla luce. Tutti abbiamo questa dimensione, indipendentemente dal credo, dalla religione, anche gli atei…tutti abbiamo questa attesa di infinito, un bisogno di ordine, di una certa forma di ordine interiore.
Quando nella quotidianità delle relazioni ci allontaniamo da questa dimensione “più alta” siamo guidati dalle nostre emozioni e questo crea il conflitto e viene la sofferenza, sia interiore che interpersonale. Tanti di noi portiamo maschere, ruoli perché siamo incapaci di vivere la nostra completezza : corpo, anima, spirito. Viviamo attraverso un personaggio esteriore dentro l’ignoranza della nostra autenticità. Nei momenti di maggiore sconforto e di profondo isolamento, il grido e le lacrime sono il solo linguaggio che l’anima sconvolta ha per esternare il proprio bisogno di sua autenticità. La crisis , oggi, non è solo economica ma soprattutto esistenziale.
Per ascoltare il grido, per disvelare il volto dell’altro oltre la maschera, per essere mediatori dell’anima, è necessario, prima di tutto, ascoltare il grido che è tante volte silenzioso e prendere coscienza della maschera che portiamo. Il conflitto è un’occasione privilegiata per poterlo fare e permette di incontrare nell’altro se stesso, la “nostra comune umanità”. Possiamo insieme scoprire spazi di silenzio, perché il grido, che viene dai tempi primordiali appartiene a tutta l’umanità, viene da un livello profondo interiore.
Quella che apprendiamo durante uno stage alla mediazione è la concretizzazione di questo cammino attraverso lo sviluppo di diverse tappe di passaggio, dal vissuto del corpo, all’anima e allo spirito. Lo spazio di espressione del grido è una necessità perché viene dall’origine della vita, ha bisogno di dirsi e si ritrova in tutte le situazioni di conflitto. L’espressione delle nostre emozioni è senza fine perché è legata al passato, a la sofferenza di mia madre, di mia nonna, di Eva, fin dall’inizio della nostra storia umana. Potenzialmente è un grido senza fine… Il passaggio al livello dei valori è essenziale per liberare e restituire la parola della verità. E questo è un momento “magico”, perché l’esternazione delle emozioni è avvenuta con grande agitazione, ma quando si dà parola ai valori , si arriva a una pacificazione, e il perdono diviene possibile. Nei confliggenti c’è un grande bisogno di autenticità, di giustizia, di verità… Nell’offrire a entrambi la stessa opportunità di nominare i valori, si costruisce un primo ponte verso il riconoscimento dell’altro come essere umano al pari di noi. Questo é essenziale. La guerra può finire.